top of page
Cerca
turconispicologo

Desiderio di che?

Aggiornamento: 15 nov




Una questione che si impone per l'essere parlante che noi siamo, ancor più del risolvere i problemi relativi alla sopravvivenza, è aver a che fare col proprio desiderio. Che il desiderio insoddisfatto sia la questione centrale per chi ha risolto il problema del sopravvivere è evidente e, a volte, il desiderio insoddisfatto porta a problemi di sopravvivenza.


Il barista sa bene quanto sia complicato aver a che fare col desiderio dei clienti: "caffè lungo, caffè corto, caffè ristretto, schiumato caldo, macchiato freddo, macchiato caldo.." ed è esperienza comune che andando al bar con diversi amici difficilmente si potrà trovare qualcuno che ordini la stessa cosa.


Insomma, cos'è questo desiderio che pare complicare la vita?

Oggi percorriamo una prima tappa appoggiandoci alla scoperta di Freud laddove ci evidenzia come il desiderio in fondo sia sempre un Ritrovare un "oggetto" perduto. Spesso infatti quando ci fermiamo ad analizzare il nostro desiderio potremmo intravvedere una componente che si rivolge al passato.

Interroghiamo allora il sogno e seguiamone le vie:

Freud si chiede “perché l'inconscio nel sonno non offre altro che la forza motrice per l'appagamento di un desiderio?”. Volendo rispondere, si interroga su quale sia la natura psichica dell’atto di desiderio e in che cosa consista il desiderio stesso. Per rispondere l'autore si appoggia al suo schema di apparato psichico e cerca quindi di spiegarne l'evoluzione a partire da uno stadio precedente di capacità operativa. Parte dall'idea che alla genesi della vita vi sia un apparato psichico riflesso, che permette all'infante di allontanare per via motoria gli eccitamenti sensitivi provenienti dall'esterno per poter mantenere il più possibile una omeostasi esente da stimoli.  Ma questa  modalità di funzionamento viene turbata dall'urgenza vitale. Infatti i primi grandi bisogni fisici perturbano questa omeostasi e l'eccitamento interno prodotto dal bisogno cercherà uno sfogo nella motilità che si potrà definire "mutamento interno" o "espressione del moto dell'animo". Per far comprendere meglio la questione prende l'esempio di un bambino affamato che senza aiuto griderà o si agiterà. Da questo suo moto non proverrà alcuna variazione della situazione interna fintantoché, nel bambino, per l'aiuto di altre persone, si effettuerà l'esperienza del soddisfacimento che andrà a sospendere lo stimolo interno. Una componente essenziale di questa esperienza vissuta dal bambino è la comparsa quindi di una determinata percezione -dell'alimento appunto- “la cui immagine mnestica rimane d'ora in poi associata alla traccia mnestica dell'eccitamento dovuto al bisogno. Appena questo bisogno ricompare una seconda volta, si avrà, grazie al collegamento stabilito, un moto psichico che tende a reinvestire l'immagine mnestica corrispondente a quella percezione, e riprovocare la percezione stessa;  dunque, in fondo, a ricostruire la situazione del primo soddisfacimento. E’ un moto di questo tipo che chiamiamo desiderio; la ricomparsa della percezione è l'appagamento del desiderio e la via più breve per raggiungerlo porta dall’eccitamento dovuto al bisogno all'investimento totale della percezione”. (L'interpretazione dei sogni. Freud 1899 ).


A questo punto risulta chiaro che la soddisfazione sarà legata ad un oggetto mitico, ormai perduto, nel passato, al quale si farà riferimento quando un nuovo bisogno-desiderio emergerà. Questa tesi rende in parte ragione al fatto che il desiderio per come lo percepiamo non potrà mai essere soddisfatto e che spesso ci volteremo "in dietro" per cercarne l'appagamento.


..Nella prossima puntata prenderemo il desiderio per la via del discorso e della parola.

6 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Commenti


bottom of page